ciò che c’è da sapere sul lavoro dipendente


La Legge di Bilancio 2025 porta con sé importanti novità per il mondo del lavoro dipendente, con misure destinate ai lavoratori e alle imprese. 

In questo articolo, analizzeremo nel dettaglio le misure approvate dal Governo, spiegando che cosa cambia e come queste influenzeranno il reddito dei lavoratori e le condizioni di lavoro. 

 

Le misure della Legge di Bilancio 2025 sul lavoro dipendente

La Legge di Bilancio 2025 introduce una serie di interventi significativi che interessano il mondo del lavoro dipendente. Tra le novità principali, il governo ha confermato a partire dal 1° Gennaio:

  • Le nuove aliquote IRPEF; 
  • Il taglio del cuneo fiscale per i redditi da lavoro dipendente;
  • I fringe benefit per tutti gli aventi diritto;
  • La tassazione agevolata dei premi di produzione; 
  • Gli incentivi per le famiglie con figli a carico;
  • L’aumento dell’indennità di congedo parentale. 

Ognuno di questi interventi avrà un impatto diretto sulla busta paga e sulle condizioni di lavoro, con cambiamenti significativi per milioni di dipendenti e per le aziende che dovranno adattarsi alle nuove disposizioni. Nei capitoli successivi, li esamineremo nel dettaglio. 

Il taglio del cuneo fiscale della Legge di Bilancio 2025

Con l’obiettivo di alleggerire il carico fiscale sui lavoratori dipendenti e promuovere una maggiore equità nel sistema tributario, la Legge di Bilancio 2025 prevede interventi diretti sia sulle aliquote IRPEF, che sulle detrazioni fiscali per il lavoro dipendente, in particolare per i lavoratori con redditi medio-bassi.

Nel dettaglio, il taglio del cuneo fiscale, che prevede una riduzione dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti, sia nel settore pubblico che privato, dal 2025 diventa una misura strutturale

In sostanza questo “sconto” sui contributi dal 1° Gennaio 2025:

  • Diventa una misura permanente e non più temporanea; 
  • Viene applicato direttamente in busta paga, in modo automatico, e riguarderà i lavoratori con redditi da lavoro dipendente fino a 20.000 euro annui. 

La riduzione varierà in base al reddito, e sarà pari al  7,1% per i redditi più bassi (fino a 8.500 euro) al 4,8% per quelli superiori a 15.000 euro, ma comunque sotto i 20.000 euro.

Per i redditi superiori a 20.000 euro, spetta invece una detrazione sull’importo totale delle imposte dovute da un contribuente, che corrisponde a:

  • 1.000 euro per redditi tra 20.001 e 32.000 euro;
  • Una percentuale variabile per i redditi compresi tra 32.001 e 40.000 euro. In questo caso lo sconto è pari alla differenza tra 40.000 euro e il reddito complessivo del contribuente, divisa poi per 8.000 euro. Ad esempio, se il reddito complessivo è 34.000 euro, il calcolo sarà: 40.000 – 34.000 = 4.000. Quindi – visto che 4.000 / 8.000 = 0,5 – la detrazione sarà 1.000 x 0,5 = 500 euro.

La riduzione dei contributi in busta paga grazie al taglio del cuneo fiscale, riguarda tutti i lavoratori dipendenti, sia a tempo determinato che indeterminato, nel settore pubblico e privato e non si applica, invece, a chi ha redditi superiori ai 40.000 euro, i quali non beneficeranno di detrazioni aggiuntive.

I nuovi scaglioni Irpef

Il reddito da lavoro dipendente, inoltre, sarà soggetto alle aliquote IRPEF confermate dalla Legge di Bilancio 2025.

In particolare, il reddito prodotto imponibile verrà tassato seguendo il modello della riforma Irpef del 2024, confermato dalla nuova Manovra, che ha ridotto il numero degli scaglioni da quattro a tre.

Quindi, gli scaglioni IRPEF per il 2025 saranno i seguenti:

  • Nel primo scaglione rientrano i redditi fino a 28.000 euro tassati con aliquota del 23%;
  • Nel secondo scaglione rientrano i redditi compresi tra 28.001 euro a 50.000 euro, tassati con aliquota del 35%;
  • Nel terzo scaglione rientrano i redditi superiori a 50.000 euro, tassati con aliquota del 43%. 

Gli incentivi per il lavoro della Legge di Bilancio 2025

La Legge di Bilancio 2025 conferma e amplia anche altri incentivi per il lavoro, tra cui i fringe benefit e i premi di produttività

Il fringe benefit è una forma di retribuzione non in denaro che il datore di lavoro fornisce ai dipendenti in aggiunta al salario. Questi benefici possono assumere diverse forme, come buoni pasto, assicurazioni sanitarie o previdenziali, auto aziendali, sconti su beni o servizi aziendali e altri vantaggi come i buoni per l’asilo, l’abbonamento ai mezzi pubblici o le biciclette aziendali.

Il premio di produttività è invece un incentivo economico che un’azienda offre ai propri dipendenti per premiare i loro risultati lavorativi e performance.

A livello retributivo, quello che cambia è che i fringe benefit sono considerati non tassabili e non soggetti a contribuzione fino a una certa soglia, mentre il premio di produttività viene erogato in denaro e in molti casi ha una tassazione agevolata.

E a tal proposito, precise regole valgono dal 1° Gennaio 2025. 

Cosa cambia per il premio di produttività

La Manovra approvata dal Governo, per il triennio 2025-2027, ha confermato la tassazione agevolata al 5% dei premi di produttività erogati dalle aziende. Quello che cambia, di fatto, è che:

  • per i datori di lavoro, l’aliquota ridotta del 5% rende più conveniente l’erogazione di premi economici legati alle performance, incoraggiando un maggior investimento nelle risorse umane e nel miglioramento dei risultati produttivi; 
  • per i dipendenti, l’aliquota agevolata permette di percepire un netto maggiore in busta paga rispetto al passato, poiché la tassazione sui premi è stata ridotta significativamente rispetto al precedente limite del 50%, applicato alle somme eccedenti. 

 

Cosa cambia per i fringe benefit

Per quanto riguarda i fringe benefit, il Governo ha deciso di mantenere nel 2025 gli stessi limiti fiscali già stabiliti nel 2024. In altre parole, i servizi e gli aiuti erogati dalle aziende ai propri dipendenti sotto forma di fringe benefit non saranno soggetti a tassazione, a condizione che non superino determinati importi annuali.

Nel dettaglio, le soglie fiscali sono le seguenti:

  • 1.000 euro all’anno per i lavoratori senza figli. Questo significa che i dipendenti che non hanno figli potranno ricevere fringe benefit fino a 1.000 euro senza che queste somme vengano tassate;
  • 2.000 euro all’anno per i lavoratori con figli. I dipendenti con figli, invece, potranno godere di una maggiore soglia di esenzione fiscale, pari a 2.000 euro all’anno. Questa misura ha l’obiettivo di sostenere maggiormente i lavoratori con responsabilità familiari.

Inoltre, è prevista una maggiorazione degli importi per i nuovi assunti che, per motivi di lavoro, trasferiscono la propria residenza di oltre 100 chilometri. Questo incentivo è pensato per favorire la mobilità lavorativa e attrarre risorse umane in aree che potrebbero essere meno accessibili.

L’iniziativa ha quindi un duplice scopo: da un lato, alleggerire il carico fiscale per i dipendenti, soprattutto quelli con figli, dall’altro incentivare le aziende a offrire benefici utili ai propri lavoratori, migliorando così la loro motivazione e soddisfazione.

Le novità relative al congedo parentale

Dal 2025, con le modifiche apportate dalla Legge di Bilancio, nuove regole saranno valide anche per la fruizione del congedo parentale. Le principali novità riguardano l’aumento dell’indennità e la durata del periodo di astensione facoltativa dal lavoro per prendersi cura dei propri figli nei primi anni di vita.

Nel dettaglio, è stato deciso che: nel 2025, il congedo parentale subirà un potenziamento significativo grazie all’introduzione di un terzo mese con indennità all’80% della retribuzione. 

Fino al 2024, il congedo parentale prevedeva solo due mesi retribuiti all’80%, mentre i mesi successivi erano indennizzati al 30%. Con la nuova misura, il governo ha deciso di rendere strutturale l’indennità maggiorata, estendendo così a tre mesi la durata del congedo con il massimo del rimborso salariale.

Questa modifica si applica ai genitori che usufruiscono del congedo parentale entro i primi 6 anni di vita del bambino, con un massimo di tre mesi retribuiti all’80%. Per i restanti 6 mesi, invece, l’indennità scende al 30% della retribuzione.

Per il periodo restante, il congedo si può richiedere ma non è retribuito. Quindi, salvo particolari condizioni reddituali, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro ma non allo stipendio.  

La retribuzione del congedo sarà calcolata sulla base della retribuzione media giornaliera e varierà a seconda della durata e del tipo di congedo scelto.

Va detto, a tal proposito, che le condizioni rimangono le stesse nel 2025 per quanto riguarda la durata del congedo parentale. I genitori infatti:

  • Possono richiedere il congedo parentale entro i primi 12 anni di vita del bambino o entro i 12 anni dall’adozione o affidamento;
  • Hanno diritto a 10 mesi di congedo, che possono essere suddivisi tra i due genitori in modo alternato. Se un solo genitore decide di usufruire del congedo, può arrivare a un massimo di 10 mesi ininterrotti. Tuttavia, c’è un’eccezione: se il padre usufruisce di almeno 3 mesi di congedo, la durata complessiva può essere estesa a 11 mesi.

Per entrambi, rimane anche la possibilità di usufruire del congedo in giorni o ore, permettendo così una gestione più flessibile del periodo di astensione dal lavoro.

Meno tasse per i lavoratori con figli

E a proposito di lavoratori con figli, meritano di essere citate anche le misure introdotte dalla Legge di Bilancio che interessano i dipendenti con figli a carico. Il Governo, infatti, ha deciso di approvare un nuovo sistema di detrazioni che mira a ridurre il carico fiscale in base al numero di componenti del nucleo familiare.

Il modello si basa sul cosiddetto “quoziente familiare”, che, rispetto al sistema di tassazione individuale attualmente in vigore, tiene conto del reddito complessivo del nucleo familiare (comprendente il reddito del contribuente, del coniuge, dei figli e delle persone invalide conviventi), che a sua volta viene “diviso” per un coefficiente che varia in base al numero dei componenti del nucleo stesso. In pratica, più persone ci sono in famiglia, più basso sarà il quoziente, in quanto si presume che le spese siano distribuite tra più membri.

Questo metodo consente di ridurre l’imposizione fiscale, poiché la tassazione diventa meno progressiva per le famiglie con più componenti.  

Inoltre, anche le detrazioni fiscali saranno maggiori per chi ha più figli. Questo perché dal 1° Gennaio 2025, il calcolo delle detrazioni avviene moltiplicando l’importo base spettante per il coefficiente del quoziente familiare corrispondente al numero di figli a carico.

Il coefficiente è pari a: 

  • 0,50 per chi non ha figli a carico;
  • 0,70 per chi ha un figlio a carico;
  • 0,85 per chi ha due figli a carico; 
  • 1,00 per chi ha più di due figli, o almeno un figlio con disabilità.

Questo sistema premia le famiglie numerose, poiché più componenti ha la famiglia, maggiore sarà l’importo delle detrazioni fiscali.

Il risultato ottenuto è infatti maggiore rispetto alla detrazione base che spetterebbe senza coefficiente e rappresenta la detrazione annuale che la famiglia può sottrarre dalle tasse, riducendo così l’imposizione fiscale.

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cosa dice la legge su licenziamento e Naspi


Fino al maggio 2022 era prassi comune da parte di alcuni dipendenti di fare assenza ingiustificata.

Lo scopo era quello di forzare il datore di lavoro ad attivare la procedura di contestazione disciplinare, portando al licenziamento per giusta causa del dipendente. Il risultato per il dipendente era quella di avere diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione, in quanto aveva perso involontariamente il lavoro.

Questa pratica è stata contrastata dalla sentenza del Tribunale di Udine del 2022, che ha stabilito che l’assenza ingiustificata prolungata equivale a dimissioni di fatto, anche senza la comunicazione telematica prevista dalla legge.

In questo modo, il lavoratore perde il diritto alla Naspi, in quanto si considera che abbia reciso volontariamente il rapporto di lavoro. Inoltre, il datore di lavoro può chiedere il risarcimento del danno per il ticket Naspi, ossia la tassa di licenziamento che deve versare all’Inps per finanziare gli ammortizzatori sociali.

In questo articolo vedremo cos’è un’assenza ingiustificata, come comportarti in caso un dipendente si assenti senza giustificazione, e come destreggiarti nel labirinto legale che regola le conseguenze di tale comportamento.

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Che cos’è un’assenza ingiustificata

Un dipendente fa un’assenza ingiustificata quando non si presenta a lavoro senza comunicare né l’assenza né le motivazioni della stessa.

Questo tipo di assenza viola l’articolo 1375 del Codice Civile, secondo cui:

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Un dipendente che sparisce senza comunicare trasgredisce il principio di buona fede, non rispettando gli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro e danneggiando gli interessi del datore di lavoro.

È importante saper riconoscere un’assenza ingiustificata da una giustificata perché da essa derivano diverse conseguenze per il dipendente e per il datore di lavoro.

  • Un’assenza giustificata è quella che avviene per cause di forza maggiore o per motivi personali o familiari, purché sia comunicata al datore di lavoro e documentata adeguatamente. Può essere dovuta a una malattia, a un lutto, a un matrimonio o a una convocazione giudiziaria.
  • Un’assenza ingiustificata è quella che avviene senza una causa legittima e senza comunicare al datore di lavoro né l’assenza né le motivazioni della stessa. Può essere dovuta a una vacanza non autorizzata, a una protesta sindacale o a una semplice negligenza.

In caso di assenza ingiustificata il dipendente rischia di subire sanzioni disciplinari che possono arrivare fino al licenziamento per giusta causa, e di perdere il diritto alla retribuzione e agli ammortizzatori sociali.

In quanto datore di lavoro hai il diritto di contestare l’assenza ingiustificata e di chiedere il risarcimento del danno per il ticket Naspi.

Quali provvedimenti vanno presi in caso di assenza ingiustificata

L’assenza ingiustificata di un dipendente dal lavoro è una violazione dei suoi obblighi contrattuali e può causare danni all’azienda e ai colleghi. Devi quindi intervenire tempestivamente per sanzionare il comportamento illecito e prevenirne la ripetizione.

Ma non devi subito assumere il peggio e pensare che il dipendente sia in mala fede o voglia abbandonare il lavoro.

Possono capitare situazioni impreviste o difficili che impediscono al dipendente di comunicare la sua assenza o le sue motivazioni. Cerca di entrare in contatto con il dipendente e di stabilire cosa sia successo prima di procedere con i provvedimenti disciplinari. Questo può aiutare a chiarire eventuali malintesi e a mantenere un clima di fiducia e collaborazione tra le parti.

Ecco i passi da seguire per gestire una situazione di assenza, tenendo conto delle norme vigenti e dei principi di proporzionalità e buona fede:

  1. Verifica l’effettiva assenza del dipendente e le sue eventuali giustificazioni.
  2. Invita il dipendente a fornire una spiegazione scritta entro un termine stabilito.
  3. Valuta la gravità dell’assenza e le circostanze del caso.
  4. Adotta il provvedimento disciplinare più adeguato, rispettando le procedure previste dal contratto collettivo e dal codice disciplinare applicabili. I provvedimenti possono essere:
  5. Comunica al dipendente il provvedimento adottato e le sue motivazioni.
  6. Decurta la retribuzione corrispondente ai giorni di assenza ingiustificata.
  7. Richiedi al dipendente un risarcimento per il danno subito, se quantificabile e dimostrabile.

Una volta stabilito che si tratta effettivamente di assenza ingiustificata e avviato la pratica di licenziamento, potresti chiederti se il dipendente possa essere considerato dimissionario.

Nella prossima sezione vedremo quali sono i criteri e le condizioni per riconoscere le dimissioni per assenza ingiustificata e quali sono le conseguenze per il datore di lavoro e per il dipendente.

L’assenza ingiustificata va equiparata alle dimissioni volontarie?

Quando un dipendente si assenta dal lavoro senza giustificazione e senza comunicarti le sue intenzioni puoi ipotizzare che abbia rinunciato al rapporto di lavoro. In questo caso si parla di dimissioni per assenza ingiustificata o dimissioni tacite.

Si tratta di una forma di recesso unilaterale del contratto di lavoro da parte del dipendente che non richiede una manifestazione esplicita della sua volontà, ma si desume dal suo comportamento omissivo.

Tuttavia, le dimissioni per assenza ingiustificata non sono automatiche e scontate. Perché siano valide e legittime, devono verificarsi alcune condizioni:

  • L’assenza deve essere ingiustificata, cioè non motivata da cause legittime (malattia, infortunio, permessi) o autorizzata dal datore di lavoro.
  • L’assenza deve essere prolungata e continuativa, cioè superiore a un certo periodo di tempo stabilito dalla legge o dal contratto collettivo. In genere si considera un’assenza prolungata quella superiore a 10 giorni lavorativi consecutivi.
  • L’assenza deve essere volontaria e consapevole, cioè il dipendente deve essere a conoscenza dei suoi obblighi contrattuali e delle conseguenze del suo comportamento. Non si può parlare di dimissioni tacite se il dipendente è impossibilitato a comunicare la sua assenza per cause di forza maggiore.
  • L’assenza deve essere un completo abbandono del posto di lavoro, cioè il dipendente deve manifestare la sua intenzione di non riprendere il rapporto di lavoro. Non si può parlare di dimissioni tacite se il dipendente ha solo trascurato o ritardato la comunicazione della sua assenza o se ha manifestato la sua disponibilità a rientrare.

Queste condizioni derivano dalla sentenza n. 20 del 27/05/2022 del Tribunale di Udine, che ha confermato l’orientamento già espresso dallo stesso Tribunale con la sentenza n. 106 del 30/09/2020.

In sostanza, il Tribunale ha ritenuto che l’assenza ingiustificata prolungata e continuativa di un dipendente, accompagnata dalla manifesta volontà di essere licenziato per poter beneficiare della Naspi, costituisce una forma di dimissioni per fatti concludenti, con conseguente risoluzione automatica del rapporto di lavoro.

Per evitare controversie e contenziosi ti consigliamo di inviare al dipendente una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno in cui gli chiedi di chiarire la sua situazione lavorativa entro un termine stabilito.

Se il dipendente non risponde o conferma la sua volontà di recedere dal contratto puoi considerare le sue dimissioni tacite e comunicargliele con una seconda lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

Assenza ingiustificata e dimissioni volontarie: come funziona la Naspi

La Naspi è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia la prestazione economica che spetta ai lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il posto di lavoro. La Naspi ha una durata massima di 24 mesi e un importo pari al 75% della retribuzione media mensile percepita nei 4 anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.

Per avere diritto alla Naspi, il lavoratore deve soddisfare alcuni requisiti:

  • Avere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.
  • Avere almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro.
  • Essere privo di occupazione per cause indipendenti dalla propria volontà.
  • Essere iscritto al Centro per l’Impiego e dichiarare la propria disponibilità a partecipare alle iniziative di politica attiva del lavoro.

Il requisito della perdita involontaria del posto di lavoro esclude i casi in cui il lavoratore si dimette volontariamente o risolve consensualmente il rapporto di lavoro con il datore. In questi casi, infatti, si presume che il lavoratore abbia rinunciato al posto di lavoro per propria scelta e non per cause esterne.

Ci sono alcune eccezioni in cui le dimissioni o la risoluzione consensuale non precludono il diritto alla Naspi:

  • Le dimissioni per giusta causa, ad esempio per mancato pagamento della retribuzione.
  • Le dimissioni per giustificato motivo soggettivo, ad esempio trasferimento del coniuge o assistenza a familiari disabili.
  • Le dimissioni per matrimonio entro i primi tre mesi dall’evento.
  • La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nell’ambito della procedura di conciliazione presso la Commissione provinciale o presso l’ispettorato territoriale del lavoro.

In questi casi si ritiene che il lavoratore non abbia rinunciato al posto di lavoro per propria scelta, ma per cause esterne o gravi che non gli consentivano di continuare il rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda le assenze ingiustificate prolungate e continuative, esse possono essere interpretate come una forma di dimissioni per fatti concludenti o come una condotta colpevole passibile di licenziamento per assenza ingiustificata.

In entrambi i casi il lavoratore non ha diritto alla Naspi, in quanto si presume che abbia manifestato la sua volontà di recedere dal contratto o abbia violato i suoi obblighi contrattuali. L’unica eccezione è quando dimostra che le sue assenze erano giustificate da cause legittime o da forza maggiore. In questo caso, può avere diritto alla Naspi se soddisfa gli altri requisiti.

Come funzionano le dimissioni volontarie

Le dimissioni volontarie sono l’espressione della volontà del lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro con il datore di lavoro. Sono un atto unilaterale che non richiede il consenso del datore di lavoro.

Per essere valide e legittime, le dimissioni volontarie devono rispettare tre regole:

  1. Devono essere comunicate per iscritto o con altro mezzo idoneo a comprovarne l’esistenza e la data. Dal 2015 è obbligatoria la comunicazione telematica delle dimissioni attraverso il portale Cliclavoro o i patronati. Questa procedura serve a prevenire le “dimissioni in bianco”, cioè le dimissioni firmate dal lavoratore al momento dell’assunzione o in un momento successivo e utilizzate dal datore di lavoro per interrompere il rapporto di lavoro senza giusta causa o giustificato motivo.
  2. Devono essere libere e consapevoli. Non devono essere frutto di costrizione, inganno, errore o violenza da parte del datore di lavoro o di terzi. In caso contrario, le dimissioni sono annullabili entro 180 giorni dalla loro comunicazione.
  3. Devono rispettare il termine di preavviso stabilito dalla legge o dal contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro. Il preavviso serve a consentire al datore di lavoro di trovare una sostituzione al lavoratore che si dimette. Se il lavoratore non rispetta il preavviso, deve pagare al datore di lavoro un’indennità sostitutiva pari alla retribuzione che avrebbe percepito nel periodo di preavviso non prestato.

Le dimissioni volontarie escludono l’applicazione delle procedure previste per i licenziamenti collettivi o individuali per giustificato motivo oggettivo, che richiedono autorizzazioni preventive e comunicazioni alle autorità competenti.

Come gestire le assenze in modo efficace con Factorial

Le assenze dei dipendenti sono una realtà inevitabile in ogni azienda, ma possono avere un impatto negativo sulla produttività, sull’organizzazione e sul clima di lavoro.

Per questo è importante gestire le assenze in modo efficace, monitorando cause, frequenze, e durate delle assenze e adottando delle misure preventive e correttive per ridurre il fenomeno.

Un modo semplice e innovativo per gestire le assenze è utilizzare Factorial, il nostro software HR che ti permette di automatizzare e semplificare la gestione delle ferie e delle assenze dei tuoi dipendenti.

Con Factorial puoi:

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  • Ricevere le richieste dei dipendenti via email e approvarle o rifiutarle con un altro clic.
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  • Ricevere notifiche automatiche in caso di assenza ingiustificata o di superamento del saldo di ferie o permessi.
  • Gestire le assenze per malattia, maternità, paternità, lutto, trasferta e altre tipologie di assenza previste dalla legge o dal contratto collettivo.
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Factorial è un software facile da usare, sicuro e affidabile, che ti aiuta a risparmiare tempo e denaro nella gestione delle assenze.

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Domande frequenti relative all’assenza ingiustificata

Quanti giorni di assenza ingiustificata per essere licenziato?

Prima di licenziare un dipendente per assenza ingiustificata è necessario svolgere tutte le verifiche del caso e cercare tutti i modi possibili di contattare la persona in questione.

Per essere considerata equiparabile alle dimissioni, l’assenza deve essere prolungata e continuativa, cioè superiore a un certo periodo di tempo stabilito dalla legge o dal contratto collettivo. In genere si considera un’assenza prolungata quella superiore a 10 giorni lavorativi consecutivi.

Cosa succede se si fa un’assenza ingiustificata?

In caso di assenza ingiustificata il dipendente rischia di subire sanzioni disciplinari che possono arrivare fino al licenziamento per giusta causa, e di perdere il diritto alla retribuzione e agli ammortizzatori sociali.

Chi viene licenziato per assenza ingiustificata ha diritto al TFR?

Sì. Qualunque dipendente ha sempre diritto al TFR già maturato, a prescindere dalle ragioni per cui decida di lasciare l’azienda.



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cos’è e come funziona (+Esempio)


Cos’è un contratto di fornitura e come può garantire la chiarezza e la tutela nelle collaborazioni commerciali?

Questo tipo di contratto è uno strumento essenziale per definire e regolare l’acquisto di beni o servizi tra aziende. Questo tipo di accordo è fondamentale per mantenere trasparenza e professionalità nelle relazioni commerciali, proteggendo gli interessi delle parti coinvolte.

In questa guida completa, esploreremo cos’è il contratto di fornitura e perché è importante utilizzarlo. Analizzeremo i principali aspetti legali, i contesti di utilizzo, le differenze con altri contratti e le varie tipologie disponibili.

Cos’è il contratto di fornitura

Il contratto di fornitura  (o di somministrazione) è un accordo ufficiale stipulato tra due parti, il fornitore e il cliente. Al suo interno, viene stabilita la consegna di beni o servizi in maniera continuativa o periodica, in un determinato arco temporale. 

Questo tipo di contratto definisce non solo i termini economici, ma anche i requisiti qualitativi e quantitativi della fornitura. Inoltre, contiene informazioni come i tempi di consegna e le modalità di pagamento, offrendo una visione chiara alle parti coinvolte.

A differenza di un semplice contratto di vendita, il contratto di fornitura si distingue per la sua stabilità nel tempo. Non termina, infatti, con una singola transazione, permettendo così alle aziende di ottenere materiali o servizi periodicamente. 

Grazie alla sua struttura continuativa offre numerosi vantaggi alle imprese, tra cui:

  • Pianificazione delle risorse: consente di prevedere in modo accurato la disponibilità di materiali o servizi, facilitando una gestione efficiente delle risorse aziendali
  • Stabilità nei rapporti commerciali: garantisce una collaborazione duratura con i fornitori, riducendo la necessità di cercare costantemente nuovi partner
  • Controllo sui costi: grazie a termini economici definiti, permette di mantenere stabilità nei prezzi, facilitando il controllo e la previsione delle spese aziendali
  • Garanzia di qualità: specificando requisiti qualitativi nel contratto, assicura che i beni o servizi forniti rispettino gli standard desiderati dall’azienda
  • Riduzione dei rischi di interruzione: minimizza il rischio di interruzioni nel flusso di approvvigionamento
  • Efficienza operativa: permette di gestire meglio il magazzino e le scorte, evitando surplus o mancanze di materiali

Cosa dice la legge su questo tipo di contratto

Come ogni altra forma contrattuale, anche il contratto di fornitura è regolato dal codice civile. In particolare, la legge italiana disciplina questo tipo di contratto (anche detto contratto di somministrazione) tramite l’articolo 1559

Questo definisce il contratto di fornitura come un accordo tra due soggetti: 

  • Il fornitore, che si obbliga a fornire beni o servizi per un determinato periodo
  • L’acquirente, che si impegna a pagarne il prezzo

La legge prevede che la fornitura possa riguardare beni o servizi e che non necessiti di una forma particolare. Tuttavia, nel caso in cui sia a titolo gratuito e di valore significativo, richiede la forma pubblica tipica della donazione.

Se la quantità o il prezzo non sono stabiliti, la fornitura si intende pari al fabbisogno del cliente, salvo accordi differenti. Per quanto riguarda il prezzo, in particolare, si applicano i criteri previsti dall’art. 1474. Questo prevede il pagamento di una somma pari al prezzo normalmente praticato dal fornitore o a quello di mercato.

Il contratto di fornitura, inoltre, può includere anche patti di esclusiva, che impongono delle limitazioni sulla durata e obblighi reciproci tra le parti. In caso di violazione di tali accordi o inadempimento, il contratto può essere risolto e il danno risarcito.

Infine, questo contratto può estinguersi per cause come il termine finale, l’adempimento della prestazione o la rescissione. Se non è previsto un termine, le parti possono recedere dando un congruo preavviso. In caso di mancato preavviso, si applicano risarcimenti per danni.

Quando si utilizza un contratto di somministrazione

Il contratto di fornitura, come accennato, è indicato in situazioni in cui è richiesta una prestazione ricorrente nel tempo.

In particolare, è utile in numerosi contesti, tra cui:

  • Fornitura di beni durevoli o di consumo: come materiali da costruzione, prodotti alimentari o tecnologie
  • Servizi continuativi: quali la manutenzione di impianti, servizi di pulizia, consulenze o forniture energetiche, indispensabili per un funzionamento regolare
  • Forniture personalizzate o su misura: come componenti specifici per industrie o aziende, con caratteristiche specifiche per esigenze particolari
  • Approvvigionamenti stagionali: necessari ad aziende che richiedono materie prime o prodotti in periodi di picco della domanda
  • Forniture di prodotti con scadenza: come nel caso di alimenti freschi o farmaci, garantendo consegne regolari per una disponibilità sempre sicura
  • Distribuzione di attrezzature e materiali di consumo per uffici: come carta, toner e cancelleria, utilizzati in modo costante e che quindi necessitano di approvvigionamento frequente
  • Forniture per il settore sanitario: ad esempio, dispositivi medici e materiali di consumo, fondamentali per garantire continuità nelle prestazioni sanitarie

Differenza tra contratto di fornitura e contratto di subappalto 

Molto spesso, il contratto di fornitura viene confuso con il contratto di subappalto. Pur essendo entrambi strumenti utili per gestire relazioni commerciali, tuttavia, queste due forme contrattuali presentano alcune importanti differenze. 

Come visto, la fornitura è un accordo in cui un fornitore si impegna a consegnare beni o servizi ad un’azienda. In questo caso, perciò, il rischio d’impresa rimane a carico dell’acquirente che utilizza il bene o servizio.

Il subappalto, invece, riguarda l’affidamento di una parte dell’opera o del servizio a un soggetto terzo, il subappaltatore. Questo agisce con la propria organizzazione e mezzi, sostituendosi all’appaltatore principale. Il subappaltatore ha quindi responsabilità diretta per la parte di progetto a lui assegnata.

La differenza centrale tra i due contratti risiede quindi nell’assunzione del rischio e nella natura della prestazione. Mentre la fornitura supporta le operazioni quotidiane del cliente, il subappalto introduce un soggetto esterno per completare una parte del lavoro in modo indipendente.

Caratteristiche del contratto di somministrazione

Chiarito cosa sia un contratto di fornitura e cosa prevede la legge, vediamo in dettaglio le sue caratteristiche.

Tra i principali elementi di questa tipologia di contratto troviamo:

  • Onerosità: il contratto prevede il pagamento di un corrispettivo per le prestazioni fornite
  • Consensualità: si perfeziona con il semplice consenso tra le parti, senza necessità di ulteriori formalità
  • Durata: il contratto si basa su una prestazione continuativa o periodica, che si ripete nel tempo
  • Flessibilità nella quantità: in assenza di accordi specifici, la quantità di beni o servizi si determina in base al fabbisogno del cliente
  • Modalità di pagamento: può avvenire al ricevimento delle singole prestazioni o seguire scadenze periodiche predefinite, come avviene per le utenze

Questi elementi permettono di strutturare il contratto in modo flessibile e personalizzato. In questo modo, il contratto può essere adattato alle esigenze specifiche di approvvigionamento e gestione di ogni azienda.

Esempio di fac simile di contratto di fornitura

Chiarite le caratteristiche principali di questo tipo di contratto, vediamo subito un esempio pratico.

Di seguito troverai un fac-simile di contratto di fornitura.

Esempio facsimile di un contratto di fornitura

Tipologie di contratti di fornitura

I contratti si possono classificare in diverse tipologie a seconda della periodicità e della natura dei beni o servizi offerti. Tra le principali categorie troviamo:

  • Fornitura in senso proprio: la prestazione è effettuata con scadenze regolari e predeterminate (ad esempio, consegne settimanali o mensili)
  • Fornitura in senso improprio: la prestazione non segue scadenze fisse, ma avviene secondo il fabbisogno del cliente, come avviene nelle forniture di beni alimentari su richiesta
  • Fornitura continuativa: i beni o servizi sono forniti senza interruzione, come nel caso di contratti per l’erogazione di gas, elettricità, acqua o intranet
  • Fornitura di consumo: prevede il passaggio di proprietà dei beni forniti al cliente, che ne acquisisce pieno possesso
  • Fornitura d’uso: il cliente ottiene solo il diritto di utilizzo dei beni, senza acquisirne la proprietà

Ottimizza la gestione dei costi aziendali con Factorial

Domande frequenti sul contratto di fornitura

Cosa sono i contratti di fornitura?

I contratti di fornitura sono accordi tra due parti, un fornitore e un cliente. Prevedono la consegna di beni o servizi a fronte di un corrispettivo. Questi contratti possono coprire forniture regolari o continuative e possono riguardare beni di consumo o d’uso.

Quanto dura un contratto di fornitura?

La durata di un contratto di fornitura varia in base agli accordi tra le parti. Può essere a termine, con una scadenza precisa oppure a tempo indeterminato. Il contratto di fornitura è rinnovabile periodicamente se non vi è disdetta. La durata deve essere indicata chiaramente nelle clausole contrattuali per evitare ambiguità.

Come si registra un contratto di fornitura?

Un contratto di fornitura può essere registrato tramite l’Agenzia delle Entrate. La registrazione non è obbligatoria per tutti i contratti, ma può essere necessaria in caso di importi rilevanti o per garantirne validità legale. Per la registrazione, è necessario il pagamento di un’imposta di registro.



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Factorial punta il dito contro la burocrazia aziendale


Cosa pensereste se vi dicessimo che, in Italia, soltanto 1 PMI su 5 ha già digitalizzato i suoi processi HR? E se, invece, vi ricordassimo che i dipendenti italiani lavorano mediamente più che in Unione Europea, ma producono comunque di meno?

Questi sono i presupposti che hanno fatto da base per la nostra prima campagna di comunicazione in Italia, ideata in collaborazione con Caffeina, Creative Marketing Consultancy e cliente soddisfatta di Factorial dal 2021.

Partendo da questi dati, la campagna creativa è stata studiata per arrivare dritta ai problemi dei manager che, ogni mese, perdono ore e ore di lavoro a stare dietro a lunghe e ripetitive pratiche burocratiche che causano ritardi, stress e ansia a chi le gestisce.

È da qui che è nato il concept “Faaaaaaac“: un modo di puntare il dito contro una gestione aziendale lenta e macchinosa che rallenta le azienda e stressa manager, team e risorse umane.

Obiettivo: rimettere al centro le persone

Quante volte i processi di onboarding hanno portato via più tempo dei colloqui per assumere una nuova risorsa? E quante volte i manager hanno dovuto sacrificare la gestione del proprio team in favore di pratiche burocratiche e amministrative? Quante volte, invece, un responsabile HR si è dovuto fermare fino a tardi in ufficio per sistemare tutti i dati delle buste paga?

Lo abbiamo raccontato nelle stazioni metropolitane di Milano, Cadorna e San Babila, con affissioni accattivanti che invitano il pubblico a dire “Faaaaaaac” a ciò che li rallenta al lavoro.

I visual sono progettati per catturare immediatamente l’attenzione, utilizzando messaggi ironici e diretti, in linea con il nostro stile di comunicazione, ma anche per dimostrare con empatia la vicinanza di Factorial ai problemi dei lavoratori.

Oltre alle affissioni, è stato creato un video CGI per il progetto FOOH (Fake Out Of Home), ambientato in Piazza Affari a Milano.

Una delle affissioni a Cadorna

faaaaaaac campagna a Cadorna

Una delle affissioni a Cadorna

faaaaaaac campagna a Cadorna

Una delle affissioni a Cadorna

Con Factorial puoi dire “Faaaaaaac” a ciò che ti fa perdere tempo a lavoro

Il punto della campagna di comunicazione era dimostrare che c’è una soluzione alla burocrazia che frena l’innovazione aziendale. Factorial si propone come il partner ideale per automatizzare e semplificare questi aspetti, liberando tempo prezioso per manager e risorse umane, affinché possano concentrarsi su ciò che conta davvero: le persone e la crescita aziendale.

Factorial non è solo un software. In Factorial crediamo nelle aziende che credono nelle persone. Quello che facciamo ogni giorno è fornire soluzioni reali ma anche e soprattutto portare avanti la
visione secondo cui il vero successo aziendale può solo arrivare attraverso la crescita del personale. La campagna pensata in collaborazione con Caffeina dà voce a tutti coloro che credono nella nostra missione confrontandosi ogni giorno con problemi e limitazioni derivanti dalla mancanza del giusto supporto“.
Dario Rizzo, Direttore Marketing Italia, Factorial

Una visione condivisa anche da Caffeina, già cliente di Factorial dal 2021, che ha sfruttato soprattutto la propria esperienza nell’ideazione dell’idea creativa dietro la campagna.

Siamo felici di collaborare con Factorial, realtà innovativa nel settore HR Software di cui siamo anche clienti soddisfatti, che ci ha permesso di creare una campagna creativa e irriverente nelle metro milanesi, sfruttando al contempo le nuove tecnologie per amplificare il messaggio sul digitale.”
Antonio Marella, COO e Founder di Caffeina

Con una strategia che unisce presenza fisica e digitale, Factorial punta a far conoscere il proprio valore in tutta Italia, supportando le PMI nel loro percorso di modernizzazione. È tempo di dire “Faaaaaaac” alle perdite di tempo e di abbracciare un futuro più semplice ed efficace nella gestione delle risorse umane.



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Come gestire le risorse umane nelle aziende energetiche


Qual è il valore di una gestione ottimale delle risorse umane nelle aziende energetiche? Come possono le aziende energetiche affrontare le sfide del futuro, garantendo al contempo sostenibilità, innovazione e competitività? 

Per fronteggiare sfide come normative stringenti, nuove tecnologie e una crescente domanda energetica, il settore energetico necessita sempre più di una gestione strategica delle risorse umane.

Il dipartimento HR in questo settore, infatti, ha il compito di ottimizzare le risorse, migliorare la produttività e garantire concorrenzialità attraverso l’adattamento rapido ai cambiamenti normativi.

Oltre alla gestione operativa, i dipartimenti di risorse umane hanno anche il compito di promuovere una cultura aziendale positiva, attrarre e fidelizzare talenti, e integrare pratiche sostenibili che supportino l’intero ecosistema aziendale.

In questo approfondimento esploreremo nel dettaglio come i dipartimenti HR possono contribuire in maniera positiva al successo delle aziende energetiche, affrontando le sfide uniche del settore e promuovendo un futuro più sostenibile e innovativo.

Il ruolo strategico delle risorse umane nelle aziende energetiche

Partiamo da un presupposto: nel settore energetico, le risorse umane non sono semplicemente un dipartimento che gestisce il recruiting, la formazione e l’amministrazione del personale.

Il settore energetico, infatti, richiede una gestione HR che vada oltre la semplice operatività quotidiana.

L’obiettivo è allineare strettamente le competenze del personale con la strategia aziendale, che include innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale, al fine di offrire soluzioni luce e gas competitive e allineate con le esigenze ambientali.

I responsabili HR devono lavorare a stretto contatto con la leadership aziendale per garantire che le strategie di gestione del personale siano allineate con gli obiettivi aziendali, tra cui l’integrazione di pratiche sostenibili e innovative. Questo include:

  • Pianificazione strategica delle risorse umane: identificare le competenze necessarie per supportare le future esigenze aziendali, con particolare attenzione a quelle che facilitano l’innovazione e l’adozione di pratiche sostenibili. I responsabili HR devono sviluppare piani per sviluppare tali competenze, assicurando che l’azienda possa affrontare le sfide del settore.
  • Gestione del cambiamento: facilitare l’adozione di nuove tecnologie e pratiche sostenibili, promuovendo una cultura aziendale che valorizzi l’adattabilità e la collaborazione. Il dipartimento di risorse umane deve essere pronte a guidare il cambiamento, garantendo che i dipendenti siano ben preparati a implementare soluzioni innovative che migliorino l’efficienza operativa e riducano l’impatto ambientale.
  • Supporto all’innovazione: creare un ambiente che promuova l’innovazione e incoraggi i dipendenti a proporre nuove idee e soluzioni. Gli HR manager devono facilitare l’apprendimento continuo e la sperimentazione, integrando la sostenibilità come valore centrale nella cultura aziendale. Ciò include l’offerta di programmi di formazione specifici e incentivi per premiare le idee innovative, che contribuiscano alla competitività dell’azienda.

I dipartimenti di risorse umane, infine, svolgono un ruolo chiave nella promozione della sostenibilità all’interno dell’azienda, assicurando che le politiche aziendali riflettano un impegno verso pratiche ambientali responsabili e che la forza lavoro sia allineata agli obiettivi di sostenibilità.

Questo include l‘integrazione di tali pratiche nei processi quotidiani, la formazione tecnica e la promozione di una cultura aziendale che valorizzi l’adattabilità, la collaborazione e il miglioramento continuo.

Le sfide nella gestione del personale nelle aziende energetiche

Come abbiamo visto, quindi, la gestione del personale nel settore energetico richiede soluzioni innovative per affrontare sfide uniche.

Queste sfide derivano dalla natura stessa del settore, caratterizzato da operazioni su vasta scala, presenza globale e rigide normative ambientali e di sicurezza.

Una delle sfide principali, infatti, è che le aziende energetiche spesso operano in più regioni del mondo, con impianti e uffici situati in località remote o in paesi con condizioni socio-economiche e normative molto diverse tra loro.

Tutto questo richiede una solida infrastruttura tecnologica per garantire una comunicazione fluida e strumenti di collaborazione avanzati che facilitino il lavoro di squadra a distanza, accentuando la necessità di:

  • Coordinamento internazionale: i responsabili HR devono garantire una gestione coerente del personale in tutte le sedi, assicurando che le politiche aziendali siano adattate alle normative locali senza compromettere gli standard aziendali globali.
  • Comunicazione efficace: È fondamentale sviluppare canali di comunicazione efficaci per collegare il personale disperso geograficamente, promuovendo la collaborazione e la coesione tra team distribuiti.

Il settore energetico, inoltre, richiede competenze altamente tecniche e specializzate, spesso in aree come l’ingegneria, la geologia e la gestione ambientale. Tuttavia, queste competenze sono anche altamente richieste in altri settori, rendendo difficile per le aziende energetiche attrarre e trattenere i migliori talenti. Ecco quali strategie poter adottare:

  • Offerte di lavoro competitive: i responsabili del personale devono sviluppare pacchetti di compensazione e benefit attraenti per competere con altre industrie.
  • Piani di sviluppo professionale: le aziende devono offrire opportunità di crescita e sviluppo professionale, nonché programmi di mentoring e formazione continua, per mantenere alta la motivazione e ridurre il turnover.

Infine, il settore energetico è altamente regolamentato, con normative che coprono vari aspetti delle operazioni, dalla sicurezza dei dipendenti alla protezione ambientale. La non conformità può comportare gravi conseguenze legali e reputazionali.

Proprio per questo motivo, un dipartimento di risorse umane in un azienda energetica dovrà sempre tenere conto di questi aspetti:

  • Formazione e aggiornamento: i responsabili HR devono offrire corsi aggiornati e garantire formazione continua per preparare i dipendenti alle sfide future.
  • Monitoraggio e auditing: implementare sistemi di monitoraggio e auditing per assicurarsi che tutte le operazioni aziendali rispettino le normative vigenti.
  • Coordinamento con gli altri dipartimenti: gli HR manager devono coordinarsi e aggiornarsi in maniera continua con gli altri dipendenti e assicurarsi che tutti rispettino le normative, avendo una visibililità completa sulle azioni portate avanti in tutte le sedi.

La conformità normativa non riguarda solo il rispetto delle leggi esistenti, ma anche l’adozione proattiva di best practice e l’adeguamento alle normative emergenti.

Strumenti e tecnologie per ottimizzare la gestione delle risorse umane

Per i dipartimenti di risorse umane nel settore energetico, l’uso di strumenti e tecnologie avanzati è essenziale per gestire in modo efficiente il personale e ottimizzare le operazioni aziendali.

L’aggiornamento costante sulle ultime tendenze tecnologiche è essenziale per implementare soluzioni che migliorino la gestione HR e supportino gli obiettivi di sostenibilità aziendale.

Quali strumenti possono aiutare le HR a gestire il personale in modo più efficace ed efficiente?

  • Software HR: le piattaforme di gestione delle Risorse Umane consentono di automatizzare molti processi, liberando tempo per questo tipo di attività strategiche. Questi strumenti supportano l’azienda nell’implementazione di pratiche sostenibili, gestendo in modo efficiente le risorse umane e facilitando la conformità alle normative ambientali.
  • Analisi dei dati: l’uso di strumenti di analisi avanzati permette di monitorare le prestazioni dei dipendenti e identificare aree di miglioramento, facilitando l’adozione di soluzioni innovative. Ad esempio, l’analisi predittiva può essere utilizzata per anticipare le esigenze future, supportando l’integrazione di nuove tecnologie e pratiche sostenibili che migliorano la competitività aziendale.
  • Gestione della comunicazione: strumenti di collaborazione interna e comunicazione facilitano il lavoro di team distribuiti, migliorando la coesione e l’efficienza. Utilizzare piattaforme di messaggistica interna non solo ottimizza la comunicazione, ma contribuisce anche alla diffusione di una cultura aziendale che promuove l’innovazione e la sostenibilità, incoraggiando la condivisione di idee e soluzioni innovative tra i dipendenti.

Per promuovere un ambiente di lavoro innovativo, i dipartimenti HR possono implementare iniziative specifiche come:

  • Collaborazione cross-funzionale: incentivare la collaborazione tra diversi dipartimenti e aree funzionali per promuovere la contaminazione di idee e approcci innovativi.
  • Ambienti di lavoro stimolanti: creare spazi di lavoro e ambienti che stimolino la creatività e il pensiero fuori dagli schemi, come aree di brainstorming e laboratori di innovazione.

Per supportare l’adozione di queste tecnologie avanzate, è cruciale che le HR investano in programmi di formazione continua e sviluppo professionale per i propri dipendenti.

Formazione e sviluppo per il successo delle aziende energetiche

La formazione continua, quindi, è essenziale per mantenere l’innovazione e la conformità in un settore in rapida evoluzione come quello energetico.

I dipartimenti di risorse umane nelle aziende energetiche, quindi, devono offrire programmi aggiornati che preparino i dipendenti alle sfide future. Ad esempio, possono promuovere la formazione offrendo:

  • Corsi di aggiornamento: offrire corsi e workshop sulle ultime tecnologie e best practices.
  • E-learning: implementare soluzioni di formazione a distanza per aggiornamenti flessibili.
  • Mentorship: programmi di mentorship per supportare i dipendenti meno esperti.
  • Percorsi di carriera: offrire percorsi di crescita definiti per motivare i dipendenti a crescere.

Infine, è bene ricordare che la sicurezza è una priorità nel settore energetico.

I dipartimenti HR devono garantire formazione continua e aggiornamenti sulle migliori pratiche per evitare il rischio di incidenti sul lavoro che potrebbero avere gravi ripercussioni sui dipendenti e sull’azienda intera. 

  • Corsi di sicurezza: implementare corsi obbligatori con aggiornamenti periodici.
  • Simulazioni e drill: eseguire regolarmente simulazioni di emergenza per preparare i dipendenti.

Il futuro della gestione delle risorse umane nelle aziende energetiche

In sintesi, la gestione delle risorse umane nel settore energetico è sempre più strategica, guidando le aziende verso un futuro sostenibile, innovativo e competitivo.

Affrontando le numerose sfide con una gestione delle risorse umane all’avanguardia, le aziende possono garantire un futuro prospero per sé stesse e per il pianeta.

Le imprese che sapranno adottare un approccio proattivo e innovativo nella gestione delle risorse umane saranno meglio equipaggiate per affrontare le sfide future, assicurandosi un ruolo di leadership nel settore energetico.

Inoltre, investire in pratiche HR sostenibili e innovative non solo rafforza l’azienda, ma contribuisce anche a creare un impatto positivo più ampio, migliorando il benessere delle comunità in cui operano e proteggendo l’ambiente per le generazioni future.

Il successo delle aziende energetiche dipenderà sempre più dalla loro capacità di integrare questi valori nel cuore delle loro operazioni.

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cosa aspettarti e le domande frequenti


Ti sei mai trovato ad affrontare un colloquio di lavoro senza sapere cosa aspettarti? Non sai quali posso essere le domande aspettarti?

Preparare un colloquio di lavoro non è mai semplice. Ci sono molti fattori che possono influenzare l’andamento dell’intervista con il recruiter e, a volte, i candidati compiono inconsapevolmente qualche errore fatale che riduce al minimo le chance di ottenere un’offerta di lavoro.

In questo approfondimento vedremo le nozioni più importanti del colloquio di lavoro, quali domande aspettarsi e come rispondere al meglio, anche a quelle a trabocchetto.

Come affrontare un colloquio di lavoro

Un’azienda a cui sei particolarmente interessato ti ha chiamato per un colloquio di lavoro e non sai da dove iniziare a prepararti? Hai paura di non riuscire a mantenere i nervi saldi e vedere sfumata una importante possibilità?

Partiamo da un presupposto: essere tesi prima di un colloquio di lavoro è un’esperienza comune. Il nervosismo è fisiologico e i recruiter sono abituati a gestire il talento e consapevoli della tensione che può accumulare un candidato e, se sono competenti, faranno sempre del loro meglio per metterlo a proprio agio e mostrare il meglio di sé.

Ci sono, però, fattori che possono essere controllati e che ti aiuteranno a sentirti più sicuro di te nel momento dell’intervista, permettendoti di evidenziare le tue doti e la tua esperienza nel modo migliore.

L’elemento fondamentale è la preparazione:

  • Cerca di comprendere bene cosa è richiesto nella posizione lavorativa e quali sono i valori e la mission dell’azienda.
  • Esponi in maniera chiara le informazioni presenti nel curriculum, presentandoti al colloquio con un pitch già pronto riguardo le tue capacità e la tua esperienza.
  • Presentati in maniera professionale e in orario per evitare una brutta prima impressione.
  • Non pretendere da stesso/stessa la perfezione. È fisiologico commettere errori oppure non riuscire ad esprimere al meglio i concetti, non lasciarti distrarre se ti accorgi di non aver dato il massimo in una fase del colloquio.
  • Esercitati a utilizzare il metodo STAR (Situazione, Task, Azione, Risultato) per strutturare le tue risposte in modo logico e completo, prendendo spunto da esperienze passate.

Le fasi del colloquio di lavoro

Affidandosi alla classica struttura narrativa, come se fosse fondamentalmente una storia, il colloquio deve avere tre fasi: un’introduzione, uno sviluppo e un epilogo.

Ciascuna di queste fasi offre l’opportunità al candidato di mettere in luce le proprie potenzialità, come può integrarsi nel team e come può contribuire al successo dell’azienda.

Introduzione

Il colloquio inizia con una fase di apertura in cui si stabilisce il primo contatto.

In questa parte è fondamentale fare una buona impressione, dimostrando sicurezza e simpatia. Il tuo linguaggio del corpo, il tono di voce e il modo in cui ti esprimi sono tutti elementi che verranno notati.

Durante questa fase, avrai l’occasione di chiarire tutti i dettagli relativi alla posizione per cui ti sei candidato, così da avere una visione chiara delle aspettative.

Sviluppo

Man mano che il colloquio procede, il focus si sposta sulle tue competenze e sulla tua esperienza.

È importante che tu percepisca questa parte come una conversazione più che un interrogatorio. Non preoccuparti di dover dare risposte perfette: quello che conta è essere sinceri e mostrare la tua autenticità.

Anche se potrebbe non sembrare evidente, il selezionatore valuterà non solo cosa rispondi, ma anche come lo fai. Il modo in cui gestisci le domande, il tuo tono e la tua capacità di reagire a domande inattese possono dire molto di te.

Conclusione

Alla fine del colloquio, è normale voler sapere quali saranno i prossimi passi.

In questa fase, dovresti ricevere informazioni su quando e come riceverai una risposta.

Se non dovesse andare come speravi, cerca comunque di trarre il massimo dall’esperienza. Sapere che la tua candidatura non è stata accettata non è mai facile, ma è importante che ti venga comunicato in modo professionale e nei tempi giusti.

Ricorda, anche se il risultato del colloquio potrebbe non essere quello desiderato, ogni esperienza ti aiuta a crescere e a prepararti meglio per la prossima opportunità.

Domande frequenti ai colloqui di lavoro

Naturalmente, a seconda del tipo di azienda, della sua cultura, dello stile organizzativo e comunicativo, del tipo di posizione e del meccanismo del colloquio di lavoro, le domande possono variare in modo significativo.

Bisogna però sempre tenere presente che il colloquio di lavoro deve servire, tra l’altro, per poter comprendere se un candidato è allienato con gli obiettivi e la cultura lavorativa del team.

Per questo motivo, a prescindere da che tipo di lavoro si debba fare, le domande di un HR si incentreranno su:

  • Comprendere la formazione professionale e informarsi sull’esperienza lavorativa.
  • Capire quanto il candidato sa dell’azienda e del settore.
  • Quali sono le aspettative sul ruolo, sia a livello di lavoro sia a livello di salario.
  • Al di fuori dello stipendio, quali sono le motivazioni principali per il candidato.
  • Conoscere le caratteristiche caratteriali della persona, come affronta le situazioni avverse, come si relaziona con le altre persone, le doti di leadership e quanto è predisposto a integrarsi.
  • Che valore può apportare al team di riferimento e all’azienda.
  • Comprendere quanto il candidato è stato produttivo e quanto è orientato all’obiettivo.

Alcune domande tipiche dei colloqui, ad esempio, saranno: “Quali sono le sue aspettative salariali?”, “Crede che questo tipo di posizione possa interessarla?“, “Dove ti vedi fra cinque anni?” oppure “Ha già esperienza con i software che utilizziamo in azienda?”.

Le domande che NON vanno poste durante un colloquio

La maggior parte delle domande che non dovrebbero essere poste semplicemente rientrano in quella categoria di domande che sono contro la legislazione non solo sui diritti dei lavoratori ma anche sul diritto alla privacy e alla discriminazione sul lavoro.

Tuttavia, molti recruiter e aziende commettono l’errore fare domande “scomode” per ottenere risposte sulla vita personale del candidato, credendo che ciò avrà un impatto diretto sulle loro prestazioni lavorative.

Molte di queste domande vengono poste con l’intento di scoprire altri tipi di dati rispetto a quelli che possono essere trovati nel CV (come l’età o l’indirizzo).

Un recruiter non dovrebbe mai chiedere informazioni personali, che non sono direttamente correlate alla posizione.

Domande di questo tipo sono anche sintomo di un ambiente di lavoro tossico, e dovrebbero far riflettere il candidato sul suo effettivo interesse a lavorare nell’azienda.

  1. Qual è il tuo orientamento sessuale? / Hai un compagno/a? / Sei sposato/a?
  2. Hai figli? / Sei incinta? / Pensi di avere figli?
  3. Qual è la tua religione? / Pratichi qualche tipo di credo?
  4. Qual è la tua ideologia politica? / Per chi hai votato nelle ultime elezioni?
  5. Quanto guadagnavi nel tuo ultimo lavoro?
  6. Hai subito molestie sul posto di lavoro? / Cosa faresti se subissi molestie sul posto di lavoro?
  7. Sei mai stato in arresto o in prigione? / Hai avuto problemi con la legge?
  8. Dove vivi? / Con chi vivi?
  9. Ritieni di essere troppo giovane o vecchio per la posizione? / Come ti senti a lavorare con persone più giovani o più anziane?
  10. Qual è l’origine della tua famiglia? / Appartieni a un gruppo etnico?

Prepara il colloquio di lavoro con Factorial

Colloquio di lavoro: domande trabocchetto

Passiamo alle cosiddette “domande trabocchetto”, ovvero domande che sono spesso domande innocue, che il candidato percepisce in modo casuale e spontaneo durante il dialogo.

Queste domande servono a far emergere aspetti della tua personalità, che non sempre traspaiono dal curriculum, e hanno lo scopo di metterti alla prova, distogliendoti dalle risposte che potresti aver preparato, per rivelare il tuo lato più autentico e umano.

Vediamo alcuni esempi e il modo migliore per approcciare le risposte:

  • Se fossi un dolce, quale saresti e perché?”
    Questa domanda ovviamente non ha una risposta giusta o sbagliata, ma apre spazio alla tua creatività, il tuo senso dell’umorismo e la tua capacità di pensare fuori dagli schemi. Se riesci a fare un’analogia interessante o a spiegare la tua scelta con una metafora intelligente, dimostri di saper collegare concetti diversi e di avere una buona capacità di sintesi.
  • Ti consideri una persona fortunata?”
    Questa domanda mira a scoprire come percepisci la tua vita e quali sono i tuoi valori. Una risposta ottimista, che magari racconta un episodio in cui ti sei sentito particolarmente fortunato, può mostrare che hai una visione positiva della vita. Non c’è bisogno di entrare nei dettagli, basta essere sinceri e riflessivi.
  • Quanto sei onesto?”
    Evita di rispondere in modo troppo perfetto, ad esempio dicendo che non menti mai. Una buona risposta ammette che, in certe situazioni, potresti aver detto una “bugia bianca” per evitare un danno maggiore. Questo dimostra che sei una persona onesta, ma anche realista.

Ricorda, un colloquio di lavoro è molto di più di un semplice scambio di domande e risposte. È un’opportunità per mostrare chi sei veramente e come puoi contribuire all’azienda.

Le “domande trabocchetto” sono solo un altro modo per permetterti di esprimere il tuo lato più genuino e di distinguerti dagli altri candidati. Per questo motivo è importante affrontarle con serenità.

Consigli utili: cosa non dire e cosa dire ad un colloquio di lavoro

In termini generali, è vero che non esistono formule magiche per poter eseguire un colloquio di lavoro in modo perfetto e che garantiscano buoni risultati al 100%. Tuttavia, ci sono alcune nozioni di cui dobbiamo tenere conto in questa fase.

Fondamentalmente, il colloquio dovrebbe servire a completare e comprovare tutte le informazioni che inseriamo nel CV e ad approfondirle.

Ecco qualche consiglio utile per svolgere un colloquio al meglio, distinguendoti dagli altri candidati:

  • Ricerca l’azienda
    Ai datori di lavoro fa piacere trovarsi di fronte un candidato che conosce bene i dettagli dell’azienda, dimostrando di aver impiegato tempo e interesse nella preparazione del colloquio.
  • Fai collegamenti tra la tue esperienza passata e la posizione lavorativa a cui ambisci
    Fare collegamenti espliciti tra le tue esperienze passate e la posizione aiuta non solo a capire in che modo potresti utilizzare la tua expertise in azienda, ma dimostra anche capacità di analisi e comprensione del ruolo che potresti ricoprire.
  • Pensa a qualche aspetto che miglioreresti del modo in cui l’azienda lavora
    Una domanda frequente è anche relativa alla tua opinione sul modo in cui l’azienda opera nel tuo settore. Pensa sempre a qualcosa che potrebbe essere migliorato, dimostrando la tua capacità di pensare in maniera innovativa. Ad esempio, se sei un copywriter, potresti suggerire qualche accortezza per ottimizzare i contenuti del blog aziendale.
  • Metti in luce la tua ambizione
    Mettere in chiaro già dall’inizio il tuo interesse a fare carriera o a crescere nella tua posizione, all’interno dell’azienda, dimostra motivazione e visione a lungo termine.
  • Non dimenticarti di porre delle domande
    Chiedere informazioni sull’azienda, sulle aspettative del ruolo, sulla cultura aziendale e sulle prospettive future non solo ti aiuta a capire se l’azienda è adatta a te, ma dimostra anche il tuo interesse e la tua proattività.
    Ad esempio, potresti chiedere quali sono le prossime fasi del processo di selezione, quali sono le possibilità di crescita, oppure, in che modo il tuo ruolo supporta quello degli altri membri del team o del dipartimento.

C’è, infine, un ultimo consiglio che però non riguarda il lasciare una buona impressione o meno nel colloquio. Ricorda sempre che il colloquio di lavoro non serve soltanto all’azienda per giudicare il candidato, ma anche al candidato per giudicare l’azienda.

Cerca di comprendere se la posizione e se chi hai di fronte rispecchiano i tuoi valori e se l’esperienza lavorativa sembra essere in linea con i tuoi obiettivi professionali e personali.

Prepara il colloquio di lavoro con Factorial



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migliori strategie e strumenti per la selezione


Hai intenzione di ottimizzare i tuoi processi di ricerca del personale ma non sai da dove iniziare? Non ha mai capito esattamente a quali campi fa riferimento questa espressione?

La ricerca dei migliori talenti sul mercato è un passo fondamentale dell’intero processo di selezione, che permette a chi assume di avere un pool di candidati qualificati tra cui scegliere.

Far sì che al colloquio si presentino talenti in linea con le aspettative aziendali, però, è molto più complesso di quanto possa sembrare.

In questa guida vedremo il significato e le migliori strategie per fare ricerca del personale e quali strumenti possono semplificare il tuo lavoro, includendo pratici esempi di recruiting innovativo da “rubare” alle grandi aziende.

Cosa si intende per ricerca del personale

Partiamo dalle basi: cosa si intende per ricerca del personale?

Con ricerca del personale si intende il processo di ricerca dei talenti per riempire un posto vacante all’interno dell’azienda.

A livello generale, l’obiettivo principale è quello di garantire un processo di valutazione, trasparente ed efficiente in modo da aiutare il dipartimento delle risorse umane a scegliere le persone più indicate da inserire in azienda.

Questo non solo implica selezionare profili a cui fare colloqui nei CV ricevuti, ma saper definire i punti chiave dell’offerta di lavoro, l’esperienza e le skills necessarie da ricercare e anche le qualità umane che dovrà avere il candidato perfetto.

Differenze tra ricerca e selezione del personale

Perché, nello specifico, stiamo distinguendo ricerca e selezione del personale? Questi due termini rappresentano due fasi diverse del recruiting.

La ricerca del personale, o sourcing, infatti, è la fase iniziale, che segna l’inizio dell’intero processo di recruiting. Essa comprende tutte le attività volte a individuare e attirare candidati potenziali per una posizione vacante.

La selezione del personale, invece, è la fase successiva al sourcing, che riguarda nello specifico l’esame e la valutazione dei candidati per scegliere il più adatto.

Se dovessimo raggruppare le fasi del recruiting in queste due macro categorie, quindi, troveremmo:

  1. Ricerca del personale: definizione del profilo ideale per una determinata posizione, creazione dell’annuncio di lavoro, diffusione dell’annuncio sui principali canali di recruiting, ricerca proattiva di candidati.
  2. Selezione del personale: screening delle candidature, conduzione di colloqui con i candidati più adatti, verifica delle referenze, offerta finale al candidato selezionato.

Queste due fasi del recruiting sono quindi complementari ed entrambe imprescindibili nel processo di selezione del personale.

Scarica qui la checklist per il Recruiting di Factorial

Le strategie di ricerca del personale

Una volta raggiunta la fase di ricerca è possibile mettere in pratica varie strategie per selezionare il personale qualificato da incorporare.

Sebbene diverse da business a business, è comunque possibile ricondurre le varie tecniche di recruiting a una serie di modalità, tutte con dei vantaggi strategici diversi, che hanno il compito di evidenziare le qualifiche dei dipendenti a seconda delle necessità.

Andiamo a vedere le modalità di ricerca più utilizzate dalle aziende:

  • Outsourcing: questa modalità di recruiting consiste nell’affidarsi ad agenzie per il lavoro, che forniscono servizi di consulenza, ricerca di personale e anche di supporto al dipartimento delle risorse umane.
  • Pubblicazione di offerte su Job Boards: questa modalità prevede l’inserimento di annunci di lavoro su piattaforme specializzate come LinkedIn o Indeed.
  • Pagine carriera aziendali: si tratta di sezioni dedicate sul sito web aziendale dove vengono pubblicate le offerte di lavoro, consentendo all’azienda di presentare la propria vision e i propri valori.
  • Employee Referral Program: questo metodo sfrutta la rete di contatti dei dipendenti attuali, incoraggiandoli a segnalare candidati qualificati per le posizioni aperte, spesso offrendo incentivi.
  • Assunzione con programmi dedicati con le università: questa è una modalità ideale, nello specifico, per posizioni di internship, che richiedano candidati con poca o nessuna esperienza.
  • Social recruiting: questa modalità, che consiste nella pubblicazione di offerte di lavoro direttamente sui social tramite pubblicità o account appositi, è ideale in particolare per l’assunzione di profili creativi e giovani.

Esempi di recruiting innovativo

Al di là delle strategie tradizionali, il mondo della ricerca del personale sta diventando, con il passare degli anni, sempre più creativo.

Utilizzare strategie innovative permette alle aziende di catturare l’attenzione di profili che già mostrano un’affinità con l’azienda ed evidenziano soft-skills come attenzione ai dettagli, curiosità e creatività.

Andiamo a vedere qualche case-study:

  • Recruiting nascosto
    Quando Volkswagen aveva bisogno di personale tecnico qualificato, ha deciso di nascondere l’annuncio di lavoro nelle autovetture inviate in riparazione. Solo i più esperti e attenti sono riusciti a trovarlo, garantendo così l’assunzione dei candidati più qualificati e attenti ai dettagli.
  • Gamification
    Questo metodo consiste nella ricerca di persone più motivate e con la giusta attitudine. Utilizzato non solo da banche come Intesa San Paolo, ma anche da giganti del mondo alberghiero come la catena di Hotel Marriot, che ha sottoposto i candidati ad un videogame nel quale dovevano gestire la cucina di un albergo virtuale.
  • Social recruiting
    McDonald’s ha deciso invece di affidarsi a Snapchat per il social recruiting. Nella prima fase i candidati dovevano inviare un video di 10 secondi, e solo i pre-selezionati avrebbero ricevuto un form. L’elemento innovativo, era la possibilità di utilizzare un filtro presente nell’applicazione e vestire i panni di un commesso McDonald’s.
  • Risoluzione enigmi
    Usato dal colosso Microsoft, questa tecnica ha semplificato il processo di selezione del personale per la posizione di sviluppatore software. In questo caso si è chiesto ai candidati di contattare un numero criptato ai fini di passare alla fase successiva.
  • Annuncio a sorpresa
    A volte capita di candidarsi per un lavoro anche se non era nei nostri piani. Questo è il risultato ottenuto da Ikea nel 2012.
    Il gruppo multinazionale ha deciso di inserire tra i fogli di istruzione, un’offerta di lavoro per “assemblare il tuo futuro”. Il risultato? 4.285 nuove candidature e 280 assunzioni e costo economico pari a zero.

Come scrivere un annuncio di ricerca del personale

Ora che abbiamo visto qualche strategia per una ricerca del personale ottimale, andiamo a vedere nel dettaglio come scrivere un annuncio efficace che possa attirare i candidati giusti.

Gli annunci sono composti generalmente da cinque parti, ognuna con le sue caratteristiche specifiche.

  • Introduzione: in questa sezione viene viene presentata l’azienda, il settore in cui opera, la sua missione e i valori principali che rispecchia.
  • Descrizione del ruolo: in questa sezione viene descritto il ruolo, elencando nel dettaglio le mansioni, la sua funzione nel team, le aspettative e gli obiettivi da raggiungere.
  • Requisiti necessari: in questa sezione vengono inseriti i requisiti per soddisfare la posizione lavorativa. Oltre all’esperienza, andranno inserite anche le hard skills (come ad esempio i software utilizzati) e le soft skills (come ad esempio le capacità organizzative).
  • Offerta lavorativa: in questa sezione verrà presentata l’offerta per il candidato, come per esempio la RAL (retribuzione annuale lorda) e i benefit garantiti dall’azienda.
  • Come candidarsi: in questa sezione, infine, saranno inclusi i dettagli sulla candidatura, specificando se è presente una deadline o allegati da aggiungere.

A queste va aggiunto anche il titolo della posizione lavorativa, che normalmente viene concordato tra il responsabile HR e il responsabile del dipartimento di riferimento della risorsa.

La cosa importante, nello scrivere un annuncio di lavoro, sarà proprio l’allineamento con il manager del dipartimento, per comprendere a pieno le funzioni e le caratteristiche del candidato ideale. Sarà poi fondamentale saper trascrivere in maniera chiara le qualità richieste dalla posizione, creando una job description efficace, che attiri le risorse giuste.

Gli strumenti per la ricerca

Passiamo ora alla fase tecnica: quali sono gli strumenti che, in concreto, possono aiutare un responsabile HR a rendere il processo di ricerca dei candidati veloce ed efficiente.

Ci sono diversi elementi che aiutano nei processi di recruiting, rendendo tutte le fasi non sono più rapide, ma anche più efficaci. Eccone alcuni:

  • Portali di recruiting 
    Gli strumenti più ovvio sono, naturalmente, i portali di recruiting. Siti come LinkedIn, Indeed, Glassdoor o Monster ti permettono di pubblicare annunci di lavoro e raggiungere un vasto pubblico di potenziali candidati.
  • Pagina Carriere aziendale
    Una sezione “Carriere” ben progettata può fare una grande differenza su come i talenti percepiscono le offerte di lavoro della tua impresa.
  • ATS
    Un software ATS (Applicant Tracking System) è un’applicazione che si occupa di gestire l’intero ciclo di vita dell’assunzione dei futuri dipendenti, dalla creazione dell’annuncio di lavoro alla firma del contratto del candidato.
    Un software ATS ti aiuta, ad esempio, tenendo traccia di tutte le candidature ricevute, filtrandole in base a specifici criteri e automatizzando alcune fasi del processo di selezione, come l’invio di e-mail automatiche o la pianificazione dei colloqui.
  • IA
    L’Intelligenza Artificiale sta cambiando il mondo del lavoro e da questo non esula il settore del recruiting. Grazie a pratici metodi, potrai rendere la ricerca dei talenti veloce ed efficace.
    L’ATS con IA integrata di Factorial, ad esempio, permette, tra le altre cose, di evidenziare i punti di forza dei CV di tutti i candidati con un riassunto generato dall’IA. Un altro esempio del potenziale dell’intelligenza artificiale è la facoltà di generare in pochi secondi intere offerte di lavoro inserendo nel prompt solo le skills e le qualifiche necessarie.

Ottimizza il tuo recruiting con Factorial

Se stai cercando un gestionale che racchiuda tutti gli strumenti elencati finora, permettendoti di applicare le migliori strategie di ricerca del personale e la gestione del talento, la risposta è Factorial.

Factorial è il software All-in-one che ti permette di automatizzare tutti processi relativi alle risorse umane, risparmiando così tempo e risorse.

Grazie al software ATS integrato e facile da utilizzare, Factorial semplifica la gestione di tutte le fasi della selezione dei nuovi candidati. Puoi utilizzarlo per:

  • Creare pagine personalizzate “Lavora con noi”
  • Salvare automaticamente i dati dei candidati nel database
  • Pubblicare le tue offerte di lavoro su più Job Portals contemporaneamente
  • Utilizzare l’IA per velocizzare lo screening dei CV e la creazione di offerte di lavoro
  • Molto altro ancora

Factorial è la soluzione che stavi cercando per gestire l’intero processo di selezione da un’unica piattaforma.

Dimentica i documenti cartacei e caricali direttamente nel software. Segui ogni fase del processo di selezione e continua a utilizzare Factorial anche per le fasi successive di onboarding e performance management.

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tutte le agevolazioni per il 2024


PMI innovative: di quali agevolazioni possono usufruire? Qual è la differenza con le PMI? Quali sono i principali incentivi del 2024?

Il mondo delle agevolazioni alle piccole e medie imprese italiane può essere complicato da navigare. Sono numerosi, infatti, gli strumenti attraverso i quali le aziende possono ottenere degli incentivi volti a favorire i business Made in Italy, come ad esempio sgravi fiscali o investimenti a fondo perduto.

Quali sono i più importanti nel 2024, a netto della nuova Legge di Bilancio? In questo approfondimento elencheremo le principali agevolazioni divise per settore e tutte i requisiti necessari per accedervi.

Cosa si intende per PMI e PMI innovative

Le PMI (Piccole e Medie Imprese) sono aziende italiane che rispondono a specifici requisiti di dimensione e fatturato. Nel dettaglio, devono impiegare meno di 250 dipendenti e fatturare o avere un totale bilancio annuo di meno di 50 milioni di euro.

Queste aziende si dividono in tre categorie: micro imprese (meno di 10 impiegati), piccole imprese (meno di 50 impiegati) e medie imprese (meno di 250 impiegati).

Quando entra in gioco, però, la dicitura di PMI innovativa? Per essere considerata PMI innovativa, l’azienda in questione si deve occupare di innovazione tecnologica, senza limiti riguardanti il settore di appartenenza.

Per accertare che una PMI appartenga a questa categoria, deve soddisfare almeno due criteri riguardo l’ambito dell’innovazione:

  • Spendere in ricerca, sviluppo e innovazione almeno il 3% del maggiore tra costi e valore della produzione.
  • Contare una quota di almeno un quinto della forza lavoro di dottorandi e ricercatori, oppure almeno un terzo di dipendenti in possesso di laurea magistrale.
  • Essere titolare o depositaria di almeno un brevetto o privativa industriale.

Come si diventa PMI innovativa

Una volta che si possiedono queste caratteristiche, come si diventa ufficialmente PMI Innovativa?

Per ottenere l’iscrizione alla sezione speciale delle PMI Innovative va presentata una domanda in forma telematica, con firma digitale. La domanda si avvia mediante una pratica di Comunicazione Unica al Registro delle Imprese.

Oltre alla domanda, sarà necessaria anche l’iscrizione nella sezione ordinaria del Registro delle imprese effettuata in sede di costituzione.

Le agevolazioni per le PMI

Come già spiegato in precedenza, sono numerosi i vantaggi per le PMI italiane, che possono usufruire di agevolazioni europee e nazionali.

La maggior parte degli incentivi non fa distinzione di categoria e si riferisce a tutte le piccole e medie imprese italiane, anche se ce ne sono alcuni specifici per le PMI innovative.

Proprio perché la lista di agevolazioni è lunga, specifica e complessa da navigare, il governo ha recentemente sviluppato un portale dedicato, completo di assistente digitale, per identificare tutti gli incentivi relativi agli interessi della propria impresa, aggiornati a seguito della Legge di Bilancio.

Andiamo a vedere, di seguito, le principali agevolazioni concesse a chi fa impresa in Italia, divise per categoria.

Agevolazioni PMI per la digitalizzazione e l’innovazione

Fondo di Garanzia per le PMI

Il Fondo di Garanzia è, forse, il più importante incentivo per chi fa impresa in Italia.

Il Fondo di garanzia è una misura messa in atto dallo Stato Italiano per sostenere le piccole e medie imprese, in modo da facilitare il loro accesso al credito. Il Fondo permette alle imprese, nel rispetto di alcuni requisiti specifici, la possibilità di usufruire della garanzia dello Stato per le somme di cui hanno bisogno.

Possono accedere al Fondo di Garanzia le piccole e medie imprese di qualsiasi settore, basate in Italia, che siano economicamente sane. Dal Fondo di Garanzia sono esclusi solamente i cosiddetti “settori sensibili”.

Nuova Sabatini

Come il Fondo di Garanzia, anche la Nuova Sabatini è una importante misura storica per l’imprenditoria italiana.

Questa agevolazione prevede lo stanziamento di fondi che abbiano l’obiettivo di supportare le PMI nell’acquisto di attrezzature, macchinari e impianti, ma anche software o tecnologie digitali.

Il finanziamento non deve superare i cinque anni e deve essere di una cifra inclusa tra i 20mila euro e i quattro milioni di euro.

Sono ammessi tutti i settori produttivi ad eccezione di quello inerente alle attività finanziarie e assicurative.

Il contributo del Ministero sarà del 2,75% per gli investimenti ordinari, del 3,575% per gli investimenti 4.0 e del 3,575%  per gli investimenti green (in relazione a domande presentate a partire dal 1° gennaio 2023).

Transizione 5.0

Questo piano, che precedentemente era noto come Transizione 4.0 (o Industria 4.0), è stato rifinanziato per il 2024, con un maggior focus sull’innovazione.

Esso garantisce incentivi per le imprese che investono in tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose (IoT) e la blockchain.

Nello specifico, prevede crediti d’imposta per investimenti in beni materiali e immateriali nuovi. Questi investimenti devono garantire una riduzione dei consumi energetici almeno al 3% per le strutture produttive oppure al 5% per i processi produttivi​.

Agevolazioni PMI per la sostenibilità

New Green deal

Il “New Green Deal”, riconfermato per il 2024, prevede agevolazioni finanziarie per realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione nell’ambito della transizione ecologica e dell’economia circolare.

Nello specifico, sostiene progetti  riguardanti:

  • Decarbonizzazione dell’economia;
  • Economia circolare;
  • Riduzione dell’uso della plastica e ricerca di materiali alternativi;
  • Rigenerazione urbana;
  • Turismo sostenibile;
  • Adattamento e mitigazione dei rischi derivanti dal cambiamento climatico.

Tramite questa agevolazione, le PMI posso accedere a:

  • Finanziamenti agevolati per il 60% dei costi dei progetti (finanziamento tra i 4 anni e i 15 anni);
  • Contributi a fondo perduto di varia natura, tra il 10 e il 15%.

Credito d’imposta per l’Economia Circolare

Questa agevolazione riguarda le PMI che si concentrano su progetti di economia circolare, che promuovono il riciclo e riducono l’impatto ambientale.

Tramite gli incentivi, le imprese potranno ricevere un credito d’imposta fino al 30% delle spese sostenute.

Agevolazioni PMI per lo sviluppo delle competenze

Formazione 4.0

Questa misura è relativa alla formazione del personale relativa al processo di trasformazione tecnologica e digitale.

Nello specifico, le PMI hanno accetto ad agevolazioni per la formazione professionale in specifici settori:

  • Big data e analisi dati;
  • Cloud e fog computing;
  • Sicurezza informatica;
  • Simulazione e sistemi cyber-fisici;
  • Prototipazione rapida;
  • Sistemi di visualizzazione, realtà virtuale e aumentata;
  • Robotica avanzata e collaborativa;
  • Interfaccia uomo-macchina;
  • Stampa tridimensionale o manifattura additiva;
  • Internet delle cose e delle macchine;
  • Integrazione digitale dei processi aziendali.

Per le aziende che vi aderiscono è previsto un credito d’imposta del:

  • 70% delle spese per le piccole imprese, con limite massimo annuale di 300mila euro;
  • 50% delle spese per le medie imprese, con limite massimo annuale di250mila euro;
  • 30% delle spese per le grandi imprese, con limite massimo annuale di250mila euro.

Fondo nuove competenze

Anche il “Fondo nuove competenze” si pone l’obiettivo di formare i dipendenti italiani su nuove tecnologie, digitalizzazione e sostenibilità.

In questo caso, si tratta di un contributo a fondo perduto per un massimo di 10 milioni di euro, relativo alla retribuzione oraria dei dipendenti che partecipano a progetti formativi, con una durata compresa fra le 40 e le 200 ore.

Agevolazioni PMI per il Sud

Nuova Sabatini Sud

La Nuova Sabatini, di cui abbiamo parlato nella sezione “Agevolazioni PMI per la digitalizzazione e l’innovazione“, ha una linea d’intervento dedicata alle regioni del Mezzogiorno.

Nello specifico, in questo caso il contributo del Ministero sarà per un massimo del 5,5%, invece che del 3,575%.

Resto al Sud

“Resto al Sud” è una misura fiscale studiata per sostenere le imprese del Mezzogiorno e del Centro Italia e incentivare la nascita di nuove.

Essa consiste in contributi economici (fino a 200mila euro), in parte a fondo perduto, per incoraggiare la formazione delle imprese da parte di soggetti che rispondo a determinati requisiti. Tra questi, i più importanti sono:

  • Residenti delle regioni incluse nel progetto, in età compresa tra i 18 e i 55 anni;
  • Non essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  • Non essere già titolari di altre attività e non aver beneficiato di altri incentivi negli ultimi tre anni.

Decontribuzione Sud

Questa misura, dedicata alle regioni del Mezzogiorno, consiste nell’esonero contributivo per i datori di lavoro privati. La percentuale varia a seconda delle annualità e delle contribuzioni (sono esclusi dal calcolo i premi e i contributi Inail):

  • In misura pari al 30% fino al 31 dicembre 2025;
  • In misura pari al 20% per gli anni 2026 e 2027;
  • In misura pari al 10% per gli anni 2028 e 2029.

La misura sarà prorogata fino al 31 dicembre 2024.

PMI innovative: le agevolazioni dedicate per il 2024

Finora abbiamo visto quali incentivi possono sfruttare tutte le PMI. Andiamo però a vedere quali sono le agevolazioni dedicate per le PMI innovative, valide nel 2024.

Nella sezione specifica, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, elenca tutti gli incentivi specifici relativi a questo tipo di PMI:

  • Incentivi fiscali all’investimento nel capitale di PMI innovative;
  • Accesso gratuito e semplificato al Fondo di Garanzia per le PMI;
  • Esonero da imposte di bollo per gli atti depositati presso la Camera di Commercio;
  • Raccolta di capitali tramite campagne di equity crowdfunding;
  • Servizi di internazionalizzazione alle imprese (ICE);
  • Deroghe alla disciplina societaria ordinaria;
  • Proroga del termine per la copertura delle perdite;
  • Deroga alla disciplina sulle società di comodo e in perdita sistematica;
  • Remunerazione attraverso strumenti di partecipazione al capitale.

Smart&Start Italia

Infine, a quelle elencate sopra vogliamo aggiungere l’incentivo “Smart&Start Italia”, dedicato nello specifico alle Startup Innovative, localizzate su tutto il territorio nazionale, iscritte nell’apposita sezione speciale del registro imprese.

Smart&Start Italia finanzia piani d’impresa di importo compreso tra 100mila euro e 1,5 milioni di euro.

I piani d’impresa devono comprendere le seguenti categorie di spese:

  • Immobilizzazioni materiali quali impianti, macchinari e attrezzature tecnologici;
  • Immobilizzazioni immateriali necessarie all’attività oggetto dell’iniziativa agevolata, quali brevetti, marchi e licenze, certificazioni, know-how e conoscenze tecniche.
  • Servizi funzionali alla realizzazione del piano d’impresa, direttamente correlati alle esigenze produttive dell’impresa.
  • Personale dipendente e collaboratori a qualsiasi titolo che rispondono ai requisiti indicati all’articolo 25, comma 2, lettera h), numero 2), del decreto-legge n. 179/2012.



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tutto quello che bisogna sapere


Cos’è la Legge 104? Come funziona per i lavoratori dipendenti? Quali permessi si possono richiedere e in quali circostanze possono essere negati? Se stai cercando una risposta a queste domande, sei nel posto giusto.

Nella gestione delle risorse umane, HR manager e imprenditori devono avere a cuore la tutela dei propri lavoratori e questo include il riconoscere le esigenze personali e familiari dei propri dipendenti, nonché dei loro diritti.

Lo Stato Italiano garantisce una serie di tutele a favore dei lavoratori in situazioni di disabilità o che debbano farsi carico dell’assistenza di un familiare disabile. La Legge 104 va a definire nello specifico i requisiti e le agevolazioni spettanti in ogni singolo caso.

In questo articolo capiremo quindi meglio come funzionano la Legge 104 e i permessi a essa correlati, come richiederli e quali sono i diritti e i doveri per il dipendente e il datore di lavoro.

Cos’è la Legge 104?

La Legge 104 è una legge entrata in vigore nel 1992 che viene definita come la legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili. Lo scopo primario della legge è quello di tutelare i diritti delle persone affette da disabilità.

Questa legge, nel corso degli anni ha subito varie modifiche attuate da successive leggi e decreti legislativi. Rimane comunque tuttora il pilastro fondamentale a cui attingere per comprendere i diritti delle persone (e nel nostro specifico caso, dei lavoratori) affette da disabilità.

A chi è rivolta la Legge 104? Ecco come funziona

La Legge 104 è rivolta alle persone affette da disabilità. Con la nuova definizione stabilita dal Decreto Legislativo numero 62/2024 del maggio 2024, il ministero identifica la disabilità come “una duratura compromissione fisica, mentale, intellettiva, del neurosviluppo o sensoriale che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri.”

È “duratura” quella compromissione “che persiste nel tempo o per la quale è possibile una regressione o attenuazione solo nel lungo periodo“.

La legge tutela non solo le persone affette da disabilità ma anche i cosiddetti “caregivers”: i familiari più a stretto contatto che ne possano garantire l’assistenza e il supporto personale e psicologico.

Legge 104: permessi e agevolazioni

Per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, la Legge 104 prevede delle agevolazioni lavorative che consistono principalmente in permessi retribuiti INPS.

I permessi della Legge 104 sono rivolti alle persone affette da disabilità, fisiche o psichiche, che abbiano difficoltà nel normale svolgimento e nell’integrazione lavorativa. La legge tutela sia tali lavoratori sia i dipendenti familiari di persone disabili, secondo alcuni parametri.

Chi ha diritto ai permessi?

Nello specifico, l’articolo 33 (e successive modifiche apportate dalla L. 183/2010 e dal D.lgs. 119/2011) prevede che i permessi in busta paga della Legge 104 spettino a:

  • lavoratori disabili in situazione di gravità (articolo 3, comma 3 della legge)
  • genitori di figli disabili in situazione di gravità e familiari fino al secondo grado di parentela: coniugi, parte dell’unione civile, conviventi di fatto, parenti o affini

Nel secondo caso, il diritto può essere esteso a parenti ed affini di terzo grado soltanto qualora il “caregiver” abbia già compiuto i 65 anni di età o sia affetto da patologie invalidanti.

In cosa consistono i permessi della Legge 104

La legge prevede una distinzione nel diritto al beneficio dei permessi retribuiti in base al soggetto destinatario. Nello specifico, viene effettuata una distinzione fra:

  • Fruizione da parte del lavoratore affetto da disabilità grave
  • Fruizione da parte del genitore di figli affetti da disabilità grave
  • Fruizione da parte dei familiari di persone affette da disabilità grave

Nel caso dei genitori, i permessi della Legge 104 includono anche il prolungamento del congedo parentale.

Il lavoratore con disabilità grave potrà beneficiare di:

  • riposi orari giornalieri di 1 o 2 ore, in base all’orario lavorativo
  • tre giorni mensili di permesso retribuito (anche frazionabili in ore)

Il genitore di figli con disabilità grave di età minore di 3 anni potrà beneficiare di:

  • tre giorni mensili di permesso retribuito (anche frazionabili in ore)
  • prolungamento del congedo parentale, con diritto per tutto il periodo ad un’indennità pari al 30% della retribuzione

Il genitore di figli con disabilità grave di età compresa tra i 3 e i 12 anni potrà beneficiare di:

  • tre giorni mensili di permesso retribuito (anche frazionabili in ore)
  • prolungamento del congedo parentale, con diritto per tutto il periodo ad un’indennità pari al 30% della retribuzione

Il genitore di figli con disabilità grave oltre i 12 anni di età potrà beneficiare di:

  • tre giorni mensili di permesso retribuito (anche frazionabili in ore)

ll familiare di persona affetta da disabilità grave potrà beneficiare di:

  • tre giorni mensili di permesso retribuito (anche frazionabili in ore)

Il congedo straordinario della Legge 104

Oltre ai permessi lavorativi, la Legge 104 prevede quello che viene definito congedo straordinario: si tratta di un periodo di assenza dal lavoro retribuita. Spetta ai lavoratori dipendenti che debbano assistere familiari affetti da disabilità grave.

I requisiti per la domanda di congedo straordinario sono vari. Sicuramente è inclusa la convivenza con il familiare disabile. Può essere richiesto per un massimo di 2 anni, anche frazionabili in giorni.

Come richiedere i permessi per la Legge 104

I permessi che riguardano la Legge 104, come abbiamo visto, sono già previsti e ampiamente regolati dall’attuale normativa.

A essere regolato è anche l’intero processo per richiederli. Essendo una prestazione a sostegno del lavoro, la presentazione della domanda per avere accesso ai permessi della Legge 104 va effettuata all’INPS.

La domanda dovrà essere presentata per via telematica. Per la presentazione ci sono 3 possibilità:

  • attraverso i servizi telematici del portale web dell’INPS, accessibili tramite PIN richiamando il servizio di “Invio Online di Domande di Prestazioni a Sostegno del Reddito”.
  • attraverso un patronato o un CAF
  • Telefonicamente, tramite il Contact Center dell’INPS

Al datore di lavoro, invece, andrà presentato il numero di protocollo per conoscenza.

Dal momento della presentazione della domanda, verranno effettuati gli opportuni accertamenti in merito alla disabilità del soggetto richiedente e, una volta confermata l’accettazione della domanda, sarà possibile usufruire di tutte le agevolazioni previste.

Una volta ricevuto il diritto di usufruire della Legge 104, i dipendenti potranno usare le ore e i giorni di permesso per svolgere attività di aiuto e cura della persona disabile, incluso, ad esempio, fare la spesa o andare in farmacia.

È bene tenere presente che i lavoratori devono necessariamente usufruire dei permessi nel corso del mese, senza possibilità di portare il residuo non fruito nei mesi successivi.

Il datore di lavoro può negare il permesso?

Ma il datore di lavoro, di fronte a una richiesta del dipendente, può negare le ore di permesso relative alla Legge 104? No, questi giorni di permesso sono un diritto sancito dalla legge e vanno necessariamente approvati.

Il datore di lavoro, quindi, in nessun caso può negare al dipendente questo tipo di permesso, ma può impegnarsi a creare un rapporto di reciproco rispetto e collaborazione con i propri lavoratori, stabilendo una procedura per la programmazione dei permessi e un eventuale preavviso, in modo che l’impatto sulla vita aziendale sia minimo.

Va specificato, però, che nel caso in cui il dipendente tutelato dalla Legge 104 avesse bisogno di un permesso urgente senza preavviso, avrà tutto il diritto di inoltrare la richiesta tramite l’INPS a prescindere dal regolamento interno.

Uso improprio dei permessi

Il datore di lavoro, invece, verrà tutelato nel caso in cui i permessi previsti dalla Legge 104 vengano usati in maniera impropria.

Questo significa che il dipendente, dopo aver richiesto il permesso, lo sfrutta per attività diverse dal prestare assistenza al parente disabile, come ad esempio per svolgere un secondo lavoro.

Questo comportamento del dipendente rappresenterebbe una vera e propria frode e legittimerebbe il datore di lavoro ad avviare le procedure per il licenziamento per giusta causa.



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