DETTATO COSTITUZIONALE E SCUOLA DELL’OBBLIGO

DETTATO COSTITUZIONALE E SCUOLA DELL’OBBLIGO


La Costi­tu­zio­ne (art. 34) pre­ve­de una scuo­la di otto anni obbli­ga­to­ria e gra­tui­ta per tut­ti i cit­ta­di­ni. Que­sta scuo­la otten­na­le si arti­co­la in due par­ti, scuo­la ele­men­ta­re di cin­que anni, e scuo­la media di tre anni.

I Pro­gram­mi del ’55 furo­no anche un ten­ta­ti­vo, sospin­to del­le asso­cia­zio­ni di cate­go­ria degli inse­gnan­ti ele­men­ta­ri, di occu­pa­re il trien­nio 11–14 anni con la scuo­la “post-ele­men­ta­re”, anco­ra pri­ma che que­sta venis­se legi­fe­ra­ta. È noto infat­ti che gli anni 1945–1962 han­no visto un con­ti­nuo sfor­zo di det­te asso­cia­zio­ni per impa­dro­nir­si del trien­nio del­la pre­a­do­le­scen­za, sfor­zo che ha ritar­da­to, con gra­ve dan­no, la rifor­ma del­la scuo­la media.
La dif­fu­sa disoc­cu­pa­zio­ne magi­stra­le por­ta­va infat­ti quel­le asso­cia­zio­ni a soste­ne­re che occor­re­va all’Italia una scuo­la dell’obbligo, di otto anni, da offri­re a colo­ro (e sareb­be­ro sta­ti – si dice­va – i più) che non avreb­be­ro con­ti­nua­to gli stu­di (non si appro­fon­di­va per­ché, né si inda­ga­va abba­stan­za sul­le dele­te­rie con­se­guen­ze di tale man­ca­ta continuazione).
Per costo­ro, si soste­ne­va, nes­sun inse­gnan­te miglio­re dell’insegnante ele­men­ta­re, uni­co, e già esper­to dei pre­ce­den­ti sco­la­sti­ci e degli ambien­ti di sif­fat­ti alunni.
Si rite­ne­va che il testo dell’art. 34 del­la Costi­tu­zio­ne des­se un vali­do fon­da­men­to a tale tesi, con il suo enun­cia­re gli otto anni di scuo­la dell’obbligo come se doves­se­ro costi­tui­re una sola scuola.

In veri­tà lo stes­so con­cet­to di “scuo­la dell’obbligo” era ideal­men­te supe­ra­to, sia per­ché non di obbli­go, si deve par­la­re, ma di dirit­to allo stu­dio; sia per­ché già si par­la di pro­trar­re l’obbligo fino a 19 anni; sia per­ché esi­gen­za pri­ma di una scuo­la – pro­lun­ga­ta o meno – è quel­la di ade­ri­re allo sta­dio dell’età evo­lu­ti­va dei rispet­ti­vi alun­ni, cioè – nel caso degli otto anni dell’art. 34 – ad alme­no tre sta­di diver­si, l’ultimo dei qua­li, la pre­a­do­le­scen­za, ha esi­gen­ze for­te­men­te dif­fe­ren­zia­te da quel­le del­la fanciullezza.

L’aver volu­to ten­ta­re d’impadronirsi del trien­nio 11–14 anni con­dus­se i com­pi­la­to­ri dei Pro­gram­mi 1955 a dilui­re i pre­ce­den­ti pro­gram­mi del­la Scuo­la pri­ma­ria non più in cin­que, ma in otto anni; cosic­ché, se un appun­to va fat­to ai pro­gram­mi del secon­do ciclo, esso non è un’accusa di trop­pa den­si­tà, ben­sì di diluizione.

Da mol­te par­ti oggi ci si doman­da se gli inse­gnan­ti ele­men­ta­ri – acca­da que­sto a cau­sa dei pro­gram­mi, o di una mino­re pre­pa­ra­zio­ne pro­fes­sio­na­le, oppu­re a cau­sa del­le depres­se con­di­zio­ni socio­cul­tu­ra­li di mol­ti ambien­ti socia­li – fac­cia­no buon uso dei pote­ri men­ta­li e del­le doti affet­ti­ve dei loro alun­ni nel­le clas­si III, IV, V.
Il livel­lo di pre­pa­ra­zio­ne, con il qua­le mol­ti alun­ni giun­go­no oggi alla Scuo­la Media (se ci arri­va­no), non appa­re cer­to soddisfacente.
Ciò non è dovu­to ai nuo­vi pro­gram­mi del­la scuo­la media (1963), che sono sta­ti stu­dia­ti in ade­ren­za ai biso­gni del­la pre­a­do­le­scen­za, e che per di più, nel­la loro Pre­mes­sa, pre­scri­vo­no che il Con­si­glio di clas­se di cia­scu­na pri­ma media accet­ti il livel­lo di svi­lup­po, cui la scuo­la ele­men­ta­re abbia potu­to far per­ve­ni­re di fat­to gli alun­ni sin­go­li e da tale livel­lo fac­cia esor­di­re la pro­pria azio­ne individualizzata.
Per for­tu­na dell’Italia, la tesi post-ele­men­ta­re, aven­do la leg­ge di rifor­ma n. 1859 opta­to per una scuo­la media a strut­tu­ra asso­lu­ta­men­te uni­ca, è total­men­te cadu­ta e, con essa, è cadu­ta quel­la par­te dei pro­gram­mi del 1955, che inten­de­va pre­fi­gu­ra­re e pre­co­sti­tui­re la post-ele­men­ta­re nel cosid­det­to ter­zo ciclo.

Quin­di, chi voglia oggi par­la­re cor­ret­ta­men­te di det­ta­to costi­tu­zio­na­le e rispar­miar­si l’ormai supe­ra­to discor­so sul­la scuo­la dell’obbligo deve guar­da­re allo spi­ri­to gene­ra­le del­la Costi­tu­zio­ne, non cer­to orien­ta­to a favo­ri­re che gli stu­di dei più ven­ga­no inter­rot­ti a 14 anni. La stes­sa Costi­tu­zio­ne, con l’assegnare fin dall’art.3 alla Repub­bli­ca il com­pi­to di “rimuo­ve­re gli osta­co­li” che si appon­go­no alla pie­na espan­sio­ne di cia­scu­na per­so­na, indi­ca la più vera natu­ra del pro­ble­ma da affron­ta­re; il qua­le non è nem­me­no di puro con­di­zio­na­men­to socia­le che inclu­de, tra i fat­to­ri con­di­zio­na­to­ri, la scuo­la ele­men­ta­re stes­sa, nel­le sue odier­ne condizioni.
Per­ciò anche chi, come colei che qui scri­ve, ricer­ca le cau­se del cat­ti­vo ren­di­men­to nel secon­do ciclo pri­ma­rio non deve lasciar­si attrar­re e devia­re da un peri­co­lo di nozio­ni­smo, che non è cer­to da impu­ta­re ai pro­gram­mi del ’55; deve, al con­tra­rio, saper con­si­de­ra­re il pro­ble­ma allo stu­dio in tut­te le sue com­po­nen­ti, evi­tan­do di rie­su­ma­re come via di solu­zio­ne la supe­ra­ta sire­na del post-elementarismo.

Noi sap­pia­mo bene che la scuo­la ele­men­ta­re è con­di­zio­ne neces­sa­ria, ma non suf­fi­cien­te, per garan­ti­re al cit­ta­di­no la pos­si­bi­li­tà di inse­rir­si coscien­te­men­te nel mon­do; sap­pia­mo anche che la stes­sa scuo­la non è suf­fi­cien­te e auspi­chia­mo lo spo­sta­men­to dell’età dell’obbligo da 14 ad alme­no 16 anni, tan­to più che l’evoluzione dell’umanità richie­de capa­ci­tà sem­pre più mature.

“In altri tem­pi si impa­ra­va un mestie­re, una pro­fes­sio­ne che si eser­ci­ta­va per tut­ta la vita e in nume­ro­si casi l’apprendimento con­si­ste­va nel tra­smet­te­re l’esperienza da padre a figlio… Oggi, con­ta­di­ni e ope­rai, tec­ni­ci e inge­gne­ri, lavo­ra­to­ri manua­li e intel­let­tua­li han­no la neces­si­tà di ade­guar­si costan­te­men­te a nuo­ve situa­zio­ni e con­di­zio­ni di lavo­ro. Qua­le che sia l’avvenire pro­fes­sio­na­le dei bam­bi­ni e degli ado­le­scen­ti, si è comun­que d’accordo nel rico­no­sce­re che un obbli­go impe­rio­so incom­be fin d’ora sul­la scuo­la e i suoi mae­stri: svi­lup­pa­re al mas­si­mo la capa­ci­tà a capi­re, ad adat­tar­si a pro­ble­mi sem­pre nuo­vi. La que­stio­ne prin­ci­pa­le non è più l’acquisizione del­le cono­scen­ze e del­le capa­ci­tà, ma l’apertura di spi­ri­to, l’interesse intel­let­tua­le, la capa­ci­tà di osser­va­re, di por­si que­si­ti, di vole­re e pote­re rispon­de­re a essi.” ¹

 

¹ Dot­trens R., La scuo­la pri­ma­ria nel mon­do, cit. pg.24



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